Basta aspettare Godot! Me ne vado.

rimuginato da franz , sabato 25 aprile 2009 13:00

Leggo C'era una volta l'amore ma ho dovuto ammazzarlo, di Efraim Medina Reyes.
Calpesto la terra dura e rinsecchita già calpestata infinte volte da altri, e guardandola mi convinco di riuscire a far crescere il verde persino lì, dove proprio non ti immagineresti mai di vederlo spuntare. Guardo il suolo arido e ci vedo tante cose... riesco persino ad immaginare quel germoglio, dalla bellezza e fragilità sconcertanti, fare timidamente capolino dalla polvere. Qualcuno ha pensato di avanzare ipotesi: Qualcosa è cambiato: hai delle prospettive.
E' vero. Ho sentito bussare alla mia porta, e quando l'ho aperta il pacchetto delle possibilità era lì, ad aspettarmi sullo zerbino sporco.
Forse ho passato la fase accidiosa, che oramai si protraeva da anni. Ora sono nella fase isterica/invasata/iperattiva. In altre parole, non riesco a fermarmi.
Non solo voglio fare molte cose, che anche soltanto ad elencarle ci si mette una vita, ma voglio persino farle bene. Partendo dai piccoli doveri quotidiani, passando per le scadenze a breve termine, fino ad inserire uno dopo l'altro i tasselli di un progetto più ampio, il mio progetto di eternità, il mio progetto di vita. Un progetto di volontà.
Ora in qualsiasi momento mi guarderai, starò facendo qualcosa.
Starò studiando, e studiando seriamente. Perché che senso ha essere iscritti all'università senza la volontà di conoscere davvero qualcosa? Di poter dire: Sì, di questo so parlarti, e so farlo perché ci ho studiato sopra... sono competente in materia, non parlo per sentito dire, riciclando parole smozzicate da altri, non apro la bocca solo per darle fiato.
Starò leggendo, in qualsiasi momento morto. Perché è una cosa che amo, e che non ho mai il tempo di fare quanto vorrei. Quindi dai una sbirciatina a me in metro, alla fermata dell'autobus, nella sala d'attesa del dentista. Mi vedrai leggere. Il più delle volte con le cuffiette nelle orecchie, perché la musica è un'altra delle cose che amo di più.
Ho iniziato a portare il moleskine sempre con me per davvero, perché troppe sono state nel tempo le idee annegate nel nulla, e perché dovrò scoprire veramente se so scrivere o no, se ho le giuste innate qualità, se posso davvero definirmi un soggetto creativo... in quanto, se così non fosse, beh... dovrò farmene una ragione ed iniziare a pensare a qualcos'altro.
Guardami spulciare ogni giorno i siti di annunci di lavoro, guardami scappocciare sulla compilazione di un adeguato e sufficientemente veritiero e insieme valorizzante curriculum vitae. Perché il mio sogno più grande è viaggiare. Partire. Immergermi in realtà diverse, lontane, respirarle in profondità, farle mie. Perché il mio sogno è la ricchezza, la ricchezza dei pensieri, delle parole, delle conoscenze, delle esperienze, dei sapori dei suoni degli odori, la profondità, l'acutezza, la bellezza e l'energia. Una ricchezza culturale, una ricchezza umana, la più appagante in assoluto. Perché il mio sogno è essere me.
Guardami, amore mio. Ho sempre avuto troppi sogni, e troppa paura di muovermi per realizzarli. Ma ora voglio davvero ricordarmi di respirare, perché in apnea non c'è speranza. Perché davvero non c'è niente da temere, se non la paura stessa.
Ora non sono più nell'anticamera di tutto. Ora sono nel tutto. Questo è il luogo preciso della vita. E ti voglio accanto. Ti voglio come non ho mai voluto nessuno. Incantevole, e Strade inquiete.
Te lo dirò quando tornerai.

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