At the end of the day

rimuginato da franz , lunedì 12 dicembre 2011 19:16


Per paura si fanno un sacco di cazzate. Allora stavolta ci finisco (più o meno) dritta in bocca, alle mie paure, cercando di evitare cazzate che possano nuocere ulteriormente a me e a chi mi sta intorno. Resto sola.

E fa male. Fa male che l'assenza è un abisso incolmabile, male che nelle ultime 24 ore mi sono pianta tutti gli organi interni, uno dopo l'altro, appassionatamente.
Anche se so SAPEVO di aver fatto la cosa giusta.
No, non sapevo... LO SO.
E' che il dolore è sordo e cieco, non ammette "ma" e "se", è totalizzante, per cui è inutile anche solo provare a ragionarci, ora.
Non so più niente, ora.
C'è solo questo dolore da tenere chiuso dentro al buio finché non avrà iniziato a sciogliersi. Arriverà il momento di tornare a respirare.

Resto sola, dicevo.
Stringo i denti e me ne resto chiusa stretta abbracciata dentro me stessa.
Cerco di starmene seduta composta come fanno i grandi.
E intanto penso che ti voglio bene.
Che mi manchi.
Che ci sono vuoti davvero difficili da colmare.

You gave me more to live for, more than you'll ever know.
Shukran, ya habiby.

Filosofia da strada

rimuginato da franz , sabato 23 luglio 2011 11:06

Ieri mentre ero al volante sono stata investita da un'epifania in piena regola: il motivo primario per cui odio le persone è che riescono a farmi soffrire. Ovvero riescono ad influenzare il mio umore in maniera determinante, a rovinarmi la giornata, a farmi persino scoppiare a piangere. E quando dico "persone" intendo tutti, sì, ANCHE e anzi talvolta SOPRATTUTTO gli sconosciuti. Trovo la cosa veramente assurda. Cioè, è mai possibile essere così fuori di testa da mettersi a piangere perché un paio di soggetti alla guida dei loro motorini hanno ben pensato di apostrofarti con urla e gesti offensivi perché ti decidessi a levarti di torno? Che, per inciso, si trattava di un incrocio topico (in cui avresti effettivamente fatto meglio ad accelerare perché erano loro ad avere lo stop, e sembrava che, poverini, se ne stessero fermi lì da un bel po', ma) che non conoscevi, e se hai rallentato leggermente era solo per capire dove dovevi andare o chi avesse la precedenza. Magari (anzi, sicuramente) hai fatto una cazzata, o comunque non hai agito nel migliore del modi possibili che ci si potesse aspettare da te in quella precisa circostanza. Ed il primo problema affonda le radici qui, perché DETESTO che si additi la mia imperfezione, la mia inappropriatezza in un qualsivoglia contesto specifico, in quanto anch'io, proprio come tutti gli altri, sono umana e fallibile, ma DETESTO in maniera particolare ricordarlo, e DETESTO che siano gli altri a farmelo presente, SOPRATTUTTO se non ho chiesto loro un parere. E' d'altronde vero che in molti contesti è stata mantenuta in questo Paese la libertà di parola e d'espressione, per cui persino dei maledetti sconosciuti sono perfettamente liberi di giudicarmi ogni volta che lo desiderano.
E qui subentra un altro lato della questione: IO mi immedesimo il più delle volte, quindi anche quando mi imbatto in idioti/menefreghisti/teste di cazzo al volante, concedo sempre loro il beneficio del dubbio... insomma sì, sono umani e fallibili, capita a tutti di distrarsi, ed è profondamente ingiusto accanirsi sugli altri nel secondo in cui abbassano la guardia per un attimo, quindi smadonno tra me e me, dico le peggio cose ma in modo che non siano udibili, non mi metto a strombazzare come un'invasata/urlare loro insulti/fare gestacci. Quindi perché perché PERCHE' loro non valutano neanche per mezzo istante la possibilità di fare altrettanto? PERCHE' non si immedesimano neanche un po'? (dato che ormai sono deviata dalla stesura della tesi, qui ci starebbe da dio una bella nota: "Esistono d'altra parte esemplari in grado di immedesimarsi e volenterosi al punto da trattenersi. Quelle persone sono meravigliose, hanno avuto l'occasione di gettarmi in costernazione e rovinarmi la giornata, e NON L'HANNO COLTA, ma il loro contenersi mi ha precluso la possibilità di accorgermi del loro disappunto nel momento in cui facevo qualche cazzata, per cui non saprò mai che faccia abbiano, e per questo resteranno per sempre nel mio cuore come un'entità unica e sfavillante: "gli altruisti della miglior specie"... quelli silenziosi, il cui valore raddoppia in quanto non pubblicamente riconosciuto da testimoni - molto poco cattolica come cosa - quelli che in quell'occasione non si sono vantati dell'indiscutibile nobiltà d'animo dimostrata. Cfr. franz, (2007) Vivere ai margini della società: il dramma di essere borderline. Roma: Edizioni Sfigate, p. 22"). Questa discrepanza abissale tra il trattamento che io riservo agli sconosciuti e quello che gli sconosciuti riservano a me, mi procura degli scompensi emotivi di non poco conto, andando a tirare in ballo tra tutta la robaccia possibile che ho in testa, il pacchetto con sopra l'etichetta: "ingiustizie", smuovendo così una serie di emozioni (in me cieche e primitive) poco gradevoli, quali rabbia e frustrazione, che talvolta rischiano di sfociare in semi-incontrollabile istinto omicida (che in situazioni che rappresentino una irresistibile tentazione, come - uno su tutti - nel parcheggio dell'Ippodromo di Capannelle, Rock in Roma, all'uscita dal concerto di Caparezza - più di 10 mila persone, pare - con tutti che camminano lentissimi, o persino decidono di sedersi IN MEZZO alla strada e non si levano dalle palle manco se sei ad un centimetro dal tirarli sotto con la macchina, potrebbe costituire un test di auto-controllo dagli esiti nefasti).
Il punto è che nei miei sogni più sfrenati, le persone farebbero tipo me, ovvero eviterebbero nella maggior parte dei casi di imporsi su chi incontrano vomitandogli addosso le loro frustrazioni e i loro scazzi giornalieri, di invadere così prepotentemente lo spazio vitale del prossimo, rinunciando alla loro possibilità di nuocere pur avendone l'occasione e contribuendo così, con un comportamento tendenzialmente affabile, o comunque più o meno neutro, a mantenere accettabile il livello di negatività nell'atmosfera, così, giusto per poter continuare a respirare e lasciar respirare anche gli altri in vaga armonia. In questo bel quadretto, quindi, la capacità di immedesimazione sarebbe la chiave.
Il problema però è che il mondo non è popolato da tante franz, ma da persone che se passando le urti leggerissimamente con la spalla facendo cadere loro di mano la posta, alle tue scuse sincere (che potevano starci o non starci, dato che la persona ferma a buffo su un marciapiede largo mezzo metro concepito appositamente per camminare e non per starsene impalati ostruendo il passaggio non sei tu, ma tu le hai offerte lo stesso, perché ti dispiace davvero che la posta sia finita per terra, a prescindere da chi ne abbia realmente la colpa) rispondono urlando in maniera molto offensiva. Le franz restano senza parole, rimpiangendo per la miliardesima volta l'inesistenza del suggeritore di Amélie, cercano di rispondere a tono ma dalla loro bocca non esce nulla di sensato e men che mai incisivo, quindi sostanzialmente abbozzano e continuano a camminare, salvo poi scoppiare a piangere un centinaio di metri dopo, in un infantile mix di rabbia, umiliazione e frustrazione, alimentati dalla forte sensazione di stare subendo un'atroce ingiustizia e di essere irrimediabilmente inadatti alla vita.
Sicuramente sono le franz ad essere un po' fuori luogo, perché, suvvia, è un po' da schizzati reagire così. Ma non smettono di pensare (credo di parlare per tutte loro, dicendo questo) che siano loro ad avere ragione, e gli altri torto. Perché se anche solo la gente fosse leggermente più sensibile e indossasse più spesso le emozioni degli altri come fa con le proprie, il mondo sarebbe un posto migliore in cui trascinarsi giorno dopo giorno. Anzi, credo che (e lo dico sulla base della meravigliosa e calda sensazione che provo nell'intercettare il sorriso inaspettato di una persona sconosciuta incontrata per strada) rischierebbe quasi di essere piacevole, a volte.

my morning elegance

rimuginato da franz , mercoledì 30 marzo 2011 15:33

La poesia nasce quando tremi, citando Elia Suleiman, fulcro ispiratore della mia tesi di triennale ufficialmente in fase di concepimento. Ed io mi trovo lì, tremolando come la fiamma che si lascia attraversare da uno spiffero, nel luogo magico della poesia... tremo, tremo, ma non mi spengo mai.
Questo blog è in stato comatoso da un bel po', ma non ho il coraggio di staccargli la spina... il suo continuare a sopravvivere in stato pseudo-vegetativo in fondo non comporta dolore per lui, né dispendio di energie o soldi per me. Mi conforta pensare che ancora esiste, e che ogni tanto posso passare a trovarlo, con un sorridente mazzo di margherite e una scatola di cioccolatini al liquore che tanto non mangerà mai (e finirò col divorare io).
Mi sento così, un po' sempre sull'orlo di qualcosa... ogni volta qualcosa di diverso. Potete immaginarmi come sempre a impilare con precisione mattoncini rossi, magari con un paio di guanti da lavoro ed uno di quei cappelloni bianchi a tesa larga per proteggermi gli occhi dal sole. Non si finisce mai di costruire... disfare e rifare meglio, o almeno in maniera diversa, continuamente. Vorrei poter dire di aver trovato un senso in questo... in questo continuo, incessante e rassicurante movimento che ci tiene vivi e ci porta dritti dritti verso la morte. Perché a volte mi sembra di esserci riuscita, altre volte al contrario mi sento persa e sotto a tutto il resto c'è la schiacciante certezza che il senso che cerco non lo troverò mai.
Non ho risposte, e comincio a pensare che dovrei pormi domande diverse. Che dire, la normalità. Mi stringo nelle spalle e faccio qualche smorfia alla primavera, così, tanto per sdrammatizzare.

Andandomene (fino alla prossima visita) lascio qui una piccola immagine di fiori che si schiudono accarezzati dal sole, di orme caute sulla neve, di strumenti silenziosi abbandonati per un po'. E soprattutto di tutti quei sorrisi tristi e felici allo stesso tempo che mi si allargano piano sulla faccia tra una cosa e l'altra.
:)

Nina

rimuginato da franz , sabato 26 febbraio 2011 17:44

Questa disperazione
che mi rosicchia piano dentro
la nascondo
silenziosa e viva
sotto abiti pesanti.