Mr. Gaunt Pt 1000

rimuginato da franz , lunedì 19 novembre 2012 16:11


franz e puntini puntini, possiamo dire.
franz e le dipendenze, per dirne una. Oppure franz e i falsi bisogni. Ecco, diciamo qualcosina su questo. So che sono falsi perché io credo di avere bisogno di determinate cose, ma in realtà se mi fermo a riflettere mi accorgo che non è così. Mi pongo la domanda rivelatrice, mi chiedo: Ma quindi se quelle cose le avessi, starei bene? e la risposta che mi do è che no, non starei bene per un cazzo. I falsi bisogni sono appunto quelli che credi ti cambieranno radicalmente la vita una volta soddisfatti, ma che in realtà sono per natura impossibili da soddisfare. Puoi anche ottenere tutto quello che credevi di volere, eppure la storia non finirà mai con te che ti siedi serena e in pace a guardare il paesaggio. Perché una volta ottenuta la cosa che volevi ne vorrai di più, di volta in volta, poi la vorrai un po’ diversa da come è, all’infinito, finché non si sarà perso ogni possibile senso, finché i contorni di quella cosa non saranno diventati sfocati, irriconoscibili, e la sua stessa essenza non risulterà completamente snaturata. Non è altro che una spirale, un vortice, un serpente che si morde la coda. Un gioco di forme anziché di contenuti. Un valzer di spasmi e nonsense che, per sua conformazione strutturale, non ha - né mai avrà - soluzione. Perché la cosa che credi di volere non è altro che un fantoccio di ciò che veramente vuoi, che è immateriale, indefinibile, intangibile e nessuno mai potrà dartelo (se non, forse, tu stesso). 
Per questo voglio sottrarmi. Anche perché sono perfettamente convinta del fatto che ognuno veda incontro a ciò che più gli serve, in ogni momento. Un po’ come le donne che amano troppo di Robin Norwood, che si vanno a cercare i tossici e gli alcolizzati per mettersi di fronte all’ostacolo supremo, procurandosi, così facendo, ripetute occasioni di superare il proprio trauma, di emanciparsene, di guarire. Io voglio essere una persona libera dai falsi bisogni. Mi quadra molto averti incontrato proprio ora. Sei un’occasione dal valore inestimabile per me. Quello che devo fare è rimboccarmi le maniche… anziché afflosciarmi nel mio angoletto buio, fuggendo il momento, come mi viene più spontaneo fare ogni volta che c’è in ballo qualcosa che conta. In pratica, provarci anziché ritirarmi sconfitta ancora prima del fischio d’inizio.
  
Stamattina sono rimasta a casa perché non riuscivo a muovermi. Dovevo ritrovare una specie di equilibrio, o qualcosa del genere… non so. Sentivo che non sarei riuscita a muovere nessun passo in nessuna direzione. Ultimamente mio fratello non mi rivolge la parola e le rare volte in cui interagisce con me mi tratta male, a botte e parolacce. Quando si sente particolarmente ispirato, poi, mi concede terribili perle di saggezza. Qualche giorno fa, per esempio, mi ha detto: Che vuoi saperne tu, che non hai niente e non sai fare niente? 
Mi dice così, ed io vorrei arrabbiarmi, dirgliene quattro, dirgli che NO, cazzo. Ma riesco soltanto a sentirmi ferita… sento che ha ragione. Mi sento colpita e affondata, e insieme a qualche lacrima ingoio ancora una volta il mio rospo preferito. Stamattina non riuscivo a muovermi, allora ho ascoltato musica procedendo per associazione di idee. Cercavo emozioni, ho provato a sentirmi viva negli echi degli altri. Perché sì, so fare solo questo: aspettare che gli altri diano vita a qualcosa che mi faccia stare bene. Non riesco a creare da sola niente di ciò che amo, so solo fruire. E non mi basta. Questo scontro tra volontà e realtà mi getta nella disperazione più completa. Sono bloccata. Non solo sono donna a metà, sono anche persona a metà.  

Poi pensavo ad una tra tante ovvie verità: che le persone più importanti sono quelle che hanno il potere di ferirti più in profondità. Ma che senso ha continuare ad affondarsi lame nello stomaco a casaccio prima che lo facciano gli altri, soltanto per paura che possano farlo gli altri? Insomma, potrebbero farlo da un momento all’altro, ma potrebbero anche semplicemente non farlo mai, quindi che senso ha impazzire così? Si tratta evidentemente soltanto di una delle tante atrocità che infliggo a me stessa, per avere la certezza di non essere mai e poi mai felice. Non sia mai detto che io sia felice! E infatti mi vedo come una persona profondamente infelice senza il coraggio di reagire e di conquistarsi anche solo un pezzetto di dignità personale. Una persona capace soltanto di avvelenare momenti e distruggere tutto ciò che ha intorno. A quanto pare non sono in grado di lasciare agli altri quello che spetta agli altri e di occuparmi da me di quel che sarebbe mia esclusiva competenza. Insomma, non so prendermi cura di me stessa. Come posso vivere se non so neanche badare a me stessa? Infatti, per esempio ora, mi lascerei morire. Ho fame e non mangio, ho freddo e resto scoperta, immobile. Sono una persona mediocre e ripiegata nel suo dolore senza senso. Non mi è rimasto niente di mio, niente che abbia un senso. Ho sempre – sempre - sognato di lasciare un segno di me da qualche parte, “qualcosa che la gente possa amare o disprezzare, ma che sia lì, dove tutti possano vederla”, ma il massimo che riuscirò a fare sarà imprimerlo sulla mia pelle e lasciarlo morire con me. Ho solo il mio stupido dolore, e anche quello non ha senso. Sono soltanto una ragazzina viziata che non riesce a rassegnarsi alla propria inettitudine. Nel frattempo, il tempo scorre. E, citando qualcuno, quando è tardi, è tardi.   


Everything in its right place.

rimuginato da franz , venerdì 6 luglio 2012 17:49

"Tutti sanno che se cospargi un essere umano di vernice, riuscirà a vivere se non gli dipingi le piante dei piedi. Basta un piccolo particolare come questo per uccidere una persona."
Miranda July, in uno dei racconti di "Tu più di chiunque altro" (il titolo originale era "No one belongs here more than you"... gran bel titolo. Anche la traduzione tutto sommato ha un suo perché... una delle rare volte in cui succede). 
Nello specifico il racconto in questione si chiama "Qualcosa che non ha bisogno di niente". Proprio quello che vorrei essere io: qualcosa che non ha bisogno di niente. "(...) Come la vernice. Ma anche la vernice ha bisogno di essere ridipinta", ergo non è possibile non avere bisogno di niente. Senza bisogni e desideri saremmo immobili, senza movimento non ci sarebbe vita. Ed io ho bisogno di tutto. O di qualcosa, almeno... nel migliore dei casi. Proprio come tutti, insomma. Eppure ci provo lo stesso, a non avere bisogno di niente. Perché non ce la faccio più a chiedere, non sopporto più di mettermi in quella posizione rispetto alle persone che ho intorno, di essere quella che ha bisogno. Non voglio quello che non volete darmi. Tenetevelo. E' il momento di rispolverare un po' di sano orgoglio, nella sua accezione positiva di "dignità umana". 
Poi in realtà questa solitudine la patisco, ma è una scelta.  La distanza che ora mi separa più o meno da chiunque mi sembra incolmabile. O vi ho fatto soffrire, oppure siete troppo, troppo felici per me.      
Di momenti incredibili come questo non ne avevo vissuti così tanti, fino ad ora. La mia natura vigliacca mi aveva sempre portata ad evitarli ad ogni costo, scendendo a compromessi, auto-convincendomi di volere le cose proprio così com'erano, accontentandomi. E ora mi ci ritrovo dentro, immersa fino al collo, in ciò che più mi terrorizza. Ogni giornata è una monetina lanciata in aria, e nessuno verrà a raccogliermi se inciampo. Posso restare a casa ogni sera a piangere in camera mia con un libro a caso aperto davanti e nessuno verrà a disturbarmi, a chiedermi come sto. Nessuno mi salverà. Proprio come nessuno ha mai potuto farlo, d'altronde. La differenza ora (oltre al fatto che non posso più lamentarmene a voce alta di fronte ad un pubblico compiacente come prima) è che tutto è nudo e crudo sul tavolo, sotto una luce impietosa. Le cose sono esattamente così come stanno. Niente giri di parole, niente appigli, niente filtri che addolciscano o mitighino in alcun modo questa spaventosa visione: è tutto incredibilmente limpido. Lucido, ineluttabile. E confortante, in un certo senso (la solita solfa: ritrovarsi col culo per terra sembra la cosa più orribile, ma non lo è... ormai sei caduto, la botta l'hai presa, e, ok, sei a terra, non è un idillio, ma di certo più giù di così non puoi andare). Sono qui, sola, incastrata in questo corpo che disprezzo, ma che è mio, che io lo voglia o no. Prima o poi dovrò imparare a farmi una ragione di me stessa, perché sono tutto ciò che ho, e la vita è una, ed è mia. E il momento è questo, non esiste momento migliore. 
Non lascio entrare nessuno. Perché ci sarebbero troppe cose da spiegare ed io sono stanca di parlare.

I'm not here
This isn't happening
I'm not here

How it ends (or how it starts)

rimuginato da franz , mercoledì 23 maggio 2012 23:10

Barcamenarsi al calar di ogni sera tra uno spiccato impulso suicida e una nostalgia cosmica.

Intraprendere ogni mattina una nuova missione e portarla avanti oscillando pericolosamente tra la disperazione e l'esaltazione. 
Sentirsi liberi e (a tratti) insostenibilmente leggeri. 
Domanda: Come stai?
Risposta: Stobenestomalesto. 

A quanto pare è così che ci si sente quando non si ha accanto nessuno che ti adori, nessuno che ti ritenga speciale. Nessuno che costruisca su misura per te un ruolo intorno alla forma che mostri e che controlli poi se lo stai indossando o no. 
Posso essere chiunque io voglia, fare qualsiasi cosa io voglia. Il brivido. E fare finta di non avere paura.

Ah, comunque, credo che Alessandro Mannarino sia un poeta e che Trent Reznor sia Dio. Così, tanto per parlare. 

One man's floor is another man's feelings

rimuginato da franz , giovedì 26 aprile 2012 15:20

Ieri ho avuto quest'impulso, uscire. Ho pensato: Proverò a stanarmi. Mi sono detta: Starò a vedere che succede, male non mi farà. Ho preparato lo zaino col mio kit di sopravvivenza a prova di qualsiasi compulsione (acqua, fazzoletti, burro di cacao, più le solite cose) e la macchinetta fotografica (l'idea era quella, scattare foto). Come meta ho scelto Villa Borghese, a caccia dell'abbraccio della primavera e di soggetti vegetali per la mia arte da quattro soldi. La mia Liberazione fatta in casa, alla conquista di un talento che non esiste, con l'idea di aprire qualche rubinetto creativo-costruttivo e stare a vedere di che colore è l'acqua che esce. Ma la Liberazione ieri era tutt'altro che mia soltanto... una variabile di vitale importanza che non avevo considerato. 
C'era troppa gente, troppa davvero... e gli esseri umani, oltre a non essere i miei soggetti preferiti (probabilmente più per mie paure che altro), sono in certi momenti spettatori involontari in grado di gettarmi in una spirale di paranoia... il fatto che a nessuno importi niente di me, che nessuno faccia caso a me, che nessuno mi stia effettivamente guardando, non fa la benché minima differenza: tutti quegli sguardi potenziali, carichi del loro potenziale giudizio, mi fanno impazzire. Essere lì, visibile, alla portata dello sguardo di tutti, mi fa letteralmente uscire di testa. Troppa gente, sì, e tutti in compagnia, tutti che si tenevano per mano, tutti in gruppo che ridevano e scherzavano, tutti a fare i turisti, tutti a vivere, e ad un certo punto la mia presa a male, salita inesorabilmente nel frattempo, si è trasformata in panico. 
Non ho scattato neanche una foto. Ho camminato fino a sfinirmi nella direzione di casa, poi (molto, molto dopo) sono saltata su un autobus. Alla fine, stremata, logorata e sconfitta, mi sono rifugiata nel mio angoletto di coperte e penombra, tornando a rintanarmi con un lungo sospiro di sollievo/sconforto.  Mi sento pazza. Non so come uscire da questo loop di depressione, disfattismo, senso di fallimento, inadeguatezza e alienazione. 
Non so cos'ho, e non so perché domani non va meglio... sono giorni giorni e giorni che domani non va meglio. Forse non mi ero mai sentita così, in questo modo preciso, in tutta la mia vita, e questo mi spaventa. Ok, tutto finisce, tutto passa, l'acqua scorre e il cuore dimentica, ma se invece questa cosa precisa qui non passasse? 
Continuo a cercare gli altri, quei pochi, ma ognuno ha la sua vita, come è normale che sia... c'è chi sorride e mi dà quel che può, insieme ad una pacca d'incoraggiamento; chi è ad un passo da me, ma non capisce, e, pur senza volerlo, mi respinge; c'è chi c'è, ma da lontano, e infine c'è persino chi neanche mi risponde più. Ed io, contro ogni logica, avrei solo bisogno di qualcuno che mi protegga dalle notti insonni, dalla sociopatia di questi giorni... qualcuno che mi salvi, mi abbracci, mi tenga stretta forte e mi faccia dimenticare tutto ciò che mi atterrisce e mi frustra. Vorrei il contatto [e (anche solo l'illusione di) una comprensione], lo vorrei da lacrime.    
E SO - lo GIURO - che è tutto nella mia mente, e che deve esserci un cazzo di interruttore da qualche parte... ma non sono ancora riuscita a trovarlo. Non lo trovo.  

i am still right here

rimuginato da franz , mercoledì 18 aprile 2012 19:15

A volte penso che in fondo la nostra intera esistenza di esseri umani dipenda fondamentalmente dai nostri livelli di qualcosa nell'organismo... troppo alti, o troppo bassi. Endorfine, adrenalina, serotonina e tutti quegli altri ormoni vari dai nomi altrettanto affascinanti e misteriosi che al momento ignoro. Siamo animali, in fin dei conti.
Complessi, raffinati, ma pur sempre animali. Impegnatissimi a mantenerci in movimento, come se ne andasse della nostra stessa vita (e in un certo senso è davvero così). Corriamo di qua e di là ossessivamente per arrivare da nessuna parte: di solito è questo che facciamo, occupando così la nostra intera esistenza. E se ci comportiamo in questo modo, un po' ridicolo e un po' pietoso, è semplicemente perché non sappiamo che altro cazzo potremmo fare. Ci distraiamo, insomma, ognuno con il suo personale livello di consapevolezza. Inganniamo il tempo, pensiamo ad altro. A tratti ci convinciamo che ci sia un senso da qualche parte, nonostante la logica e l'osservazione fin troppe volte suggeriscano il contrario, e il resto del tempo lo passiamo a cercare di convincercene (duello casualità e causalità VS finalismo... chissà chi vince!).
Il problema nasce quando tutto crolla, anche quella parvenza di ordine che ci tiene in vita giorno dopo giorno.
Questo post, per esempio, potrebbe sembrare il frutto di uno sfogo tragico da animale morente, ma in realtà l'animale in questione (io) non sta provando nulla.
Vi dirò... stavo andando avanti per la mia strada, bella bella col mio breviario, quando ad un certo punto, semplicemente, mi sono fermata. Poi deve essere successo qualcosa, qualcosa che non capisco, perché adesso non riesco più a muovermi. Non me ne frega un cazzo di niente, in questo momento. Di niente di niente. Il mondo intero va avanti, ed io rimango immobile.
Insomma, per tornare all'incipit, sicuramente c'è troppo poco di qualcosa in me, in questo momento. Una qualche deficienza di qualche tipo... che ne so, della polverina magica grazie alla quale le altre persone continuano a vivere nonostante la vita sia quella che è. O magari (cosa alquanto probabile e alquanto triste) la mia tiroide ha definitivamente sbroccato, tutto qua.
E in tutto questo fissare il vuoto, miei gentili lettori, non mi sento sensibile, o speciale, o checcazzoneso.
Mi sento minorata.

Every living creature on Earth dies alone, punto.

rimuginato da franz , martedì 10 aprile 2012 18:50

Quando mi sento così come mi sento ora (sola in maniera quasi surreale, tanto da aver voglia, pur essendo incapace di esprimere esaurientemente ciò che provo, di lasciare una traccia di questa mia solitudine cosmica e assoluta) mi viene sempre in mente Donnie.

(I mean I'd like to believe I'm not but I just... I've just never seen any proof so I... I just don't debate it anymore, you know? It's like I could spend my whole life debating it over and over again, weighing the pros and cons and in the end I still wouldn't have any proof so I just... I just don't debate it anymore.)

Si vive e si muore soli, fine del discorso. Ne sono perfettamente convinta. A questo punto, però, vorrei riuscire a farmene una ragione... per poter almeno passare ad altro. E invece no. Sono sempre qua. A fare ciao ciao con la manina al nulla. Ciao.
Ciao ciao.