Youth Without Youth

rimuginato da franz , lunedì 12 novembre 2007 21:07

Il vuoto. Brutta bestia, già già.
Venerdì sera sono andata a vedere Youth Without Youth al Metropolitan, ultimo spettacolo, versione originale con sottotitoli.
Sono rimasta sconvolta.
La cosa più assurda è che non so dire se mi è piaciuto o no.
Ma mi è entrato dentro, ha smosso i miei organi interni, mischiato la milza lo stomaco il fegato facendone un'unica grande poltiglia rimuginante.
Anzi, ruminante. Lì a digrignare i denti masticando l'erba verdissima di un praticello sperduto tra le montagne chissà dove.
Tutte le paure i dubbi le domande senza risposta... tutto è venuto in superficie con violenza, emerso, come una bottiglia piena d'aria, dentro un pezzetto di carta, con scritta sopra una parola sola, ripiegato più volte su sé stesso, che rivede la luce dopo tanto tempo, sepolta com'era da un oceano di pensieri indistinti, e lanciandosi a grande velocità torna a respirare producendo un poderoso stock.
L'ho sentito lo stock. Il click. Il dong. Nella testa, nei polmoni. Non so, ma l'ho sentito.
Mi è sembrato che nell'aria non ci fosse più aria. Ho sgranato gli occhi.
Così a contatto con le problematiche dell'esistenza... quasi a vomitare, a soffocare, a morire, perché esistere senza risposte a volte è troppo, troppo crudele.
Da rinchiudersi in una stanza e fissare il nulla a bocca spalancata, attimo dopo attimo, vagando.
Il senso lo decide interpreta sceglie ognuno di noi per sé stesso.
L'amore, la famiglia, il lavoro, il successo, l'arte, la fattanza, lo studio, la fede. Che ne so, prendersi cura di sé stessi. Prendersi cura degli altri, magari di gente che neanche conosci.
Il senso può essere ovunque. Ma ci devi credere. Devi esserne perfettamente completamente assolutamente convinto. Basta un'incertezza, una crepa leggerissima e il disagio si fa pressante. E i dubbi. E l'incertezza.
Finché non senti più ragioni: il senso non esiste.
Non esiste come realtà oggettiva. Quindi nessuno potrà mai salvarmi quando mi sento così. Quando sento che un senso non c'è.
Non resta che trattenere il respiro, e aspettare.
Allora intanto vivo, e aspetto. Cerco di penetrare l'essenza di qualcosa di sfuggente e inafferrabile. Allora continuo a riflettere, e corro da Feltrinelli a comprare Un'altra giovinezza di Mircea Eliade (su cui il film di Coppola si basa) e leggo, leggo non mi fermo.
Penso.
Non ci sono risposte.
E aspetto di riuscire a vedere questa mancanza di certezze come una cosa positiva. Come un'opportunità.
Aspetto.
Aspetto.
A s p e t t o

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